È una sera come tante altre e mi trovo a cenare in un ristorante con alcuni conoscenti, discutendo di vari argomenti. Ad un certo punto, come spesso accade, qualcuno inizia a parlare del suo sogno di diventare imprenditore.
“Mi piacerebbe davvero aprire la mia azienda e gestirla completamente da solo. Sarebbe tutto mio e potrei prendere tutte le decisioni e fare ciò che voglio!”, afferma entusiasta.
Molti annuiscono, alcuni sorridono e altri osservano senza commentare. Sorprendentemente, questi ultimi sono tutti imprenditori e condividono la stessa opinione…
Immaginiamo di avere un figlio. Un figlio richiede cure, alimentazione, attenzione e istruzione, e in futuro ci dimostrerà gratitudine e affetto prendendosi cura di noi quando ne avremo bisogno. Tuttavia, ciò non significa che noi siamo il figlio: avrà sempre la sua autonomia, identità, comportamento, stile e personalità.
Lo stesso vale per un’azienda.
Come un figlio, un’azienda ha bisogno di essere nutrita, farla crescere e istruirla attraverso vendite, acquisti, investimenti intelligenti e una gestione manageriale efficiente ed efficace… ma rimane una realtà indipendente. Solo se riusciremo a farla crescere e a renderla autonoma, potrà un giorno ripagarci del tempo e del denaro che le abbiamo dedicato.
Ci sono due conseguenze principali di questo aspetto.
La prima è che dobbiamo aspettarci di soddisfare le esigenze dell’azienda prima delle nostre. Se ci riflettiamo, l’azienda ha un socio fisso, lo Stato, che richiederà il pagamento delle tasse, fornitori e dipendenti che devono essere retribuiti, costi fissi e variabili, e così via. Quindi, non siamo l’azienda, ma siamo coloro che possono indirizzarla verso la strada migliore per lei, proprio come non siamo i nostri figli, ma possiamo guidarli sulla strada migliore per loro.
La seconda conseguenza è che essere imprenditori non significa essere liberi di fare ciò che vogliamo, così come essere genitori non significa fare con i nostri figli ciò che vogliamo. Riconoscere questo aspetto aiuta gli imprenditori ad evitare una serie di problematiche serie.
Pensiamo, ad esempio, al passaggio generazionale, in cui il fondatore impone a collaboratori e familiari direttive personali che potrebbero non essere più coerenti con la realtà socio-economica o politica del momento. È come imporre ai nostri figli di comportarsi come diciamo noi.
È vero che è gratificante poter dire che l’azienda è stata fondata e ha avuto successo sul mercato grazie a noi, ma l’azienda ha bisogno, più di noi, di altre persone: manager, dipendenti, collaboratori, fornitori, clienti, consulenti e così via.
Essere imprenditori oggi è una professione difficile e impegnativa, ma con un grande obiettivo: creare qualcosa di cui facciamo parte, ma che un giorno avrà vita propria.
Guardo il mio interlocutore e gli esprimo il mio punto di vista.
Lui mi guarda e sorridendo dice: “Ma no, basta! Sono stufo di sentirmi dire sempre cosa fare e come farlo. Nella mia azienda, sarò io a decidere e gli altri faranno ciò che dico io”.
Sorrido a mia volta e penso che prima o poi, come per questa cena, gli arriverà il conto. Speriamo che sia leggero.